Obesità curabile agendo su neuroni vagali

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 15 febbraio 2020.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Lo studio del controllo della funzione alimentare da parte di aree encefaliche specializzate progredisce, fornendo dati e nozioni che stanno mutando la vecchia visione centrata sui nuclei ipotalamici fra loro antagonisti e sul classico schema neuroendocrino di regolazione glucostatica.

Una grande attenzione è stata rivolta di recente ai segnali provenienti dal tratto gastroenterico e veicolati al tronco encefalico dal nervo vago per la regolazione dell’assunzione di alimenti. In particolare, è noto che nella condizione patomorfologica dell’obesità la comunicazione cervello-intestino mediata dal X paio dei nervi cranici è compromessa.

Shin J. Lee e sedici colleghi di istituti di Stati Uniti, Svizzera e Svezia hanno studiato il peptide CART sintetizzato nei neuroni vagali afferenti, giungendo ad una conclusione interessante per lo sviluppo di una nuova strategia terapeutica nel trattamento dell’obesità.

(Shin S. J., et al. Blunted Vagal Cocaine- and Amphetamine-Regulated Transcript Promotes Hyperphagia and Weight Gain. Cell Reports – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.celrep.2020.01.045, 2020).

La provenienza degli autori è la seguente: Physiology and Behavior Laboratory, ETH Zurich, Schwerzenbach (Svizzera); Department of Metabolic Physiology, Institute of Neuroscience and Physiology, The Sahlgrenska Academy at the University of Gothenburg, Gothenburg (Svezia); The John B. Pierce Laboratory, New Haven, CT (USA); Yale University, New Haven, CT (USA); Anatomy, Physiology and Cell Biology Department School of Veterinary Medicine, University of California Davis, CA (USA); Department of Pharmacodynamics, Center for Integrative Cardiovascular and Metabolic Disease, University of Florida, Gainesville, Florida (USA).

Nel 2017 abbiamo recensito uno studio di Kreutzer e colleghi nel quale si fornivano prove sperimentali dell’associazione dell’obesità umana a infiammazione ipotalamica e disturbi dell’asse intestino-cervello, sotto l’influenza di fattori genetici e ambientali. Lo studio aveva preso le mosse da copiose evidenze, emerse da indagini condotte su modelli sperimentali, del rapido sviluppo di infiammazione ipotalamica e gliosi dopo l’istituzione di una dieta con alto contenuto di grassi[1], e della correlazione dei due fenomeni con la sensibilità o la resistenza all’obesità indotta dalla dieta nei roditori[2]. In alcuni laboratori si lavorava già alla dimostrazione di un ruolo patogenetico nell’obesità delle reazioni infiammatoria e gliale, in quanto processi responsabili delle alterazioni della regolazione energetico-metabolica[3]. Studi condotti sull’uomo in quello stesso periodo hanno dimostrato, nel cervello degli obesi, alterazioni della connettività oltre che gliosi[4]. Infine, nel 2017, ossia l’anno dello studio di Kreutzer, è stato documentato un meccanismo di segnalazione astrocitaria (IKKβ/NF-KB) necessario tanto per l’infiammazione dell’ipotalamo quanto per il conseguente sviluppo di obesità[5]. Rinviando per lo specifico oggetto dello studio di Kreutzer al testo integrale della nostra recensione del 10 giugno 2017 (più avanti citata a piede di pagina), se ne riporta di seguito un brano per introdurre al lavoro condotto da Shin Lee e colleghi:

“Di passaggio, si ricordano qui alcune nozioni relative al rapporto di controllo del cervello sul grasso di deposito che costituisce la riserva di energia a lungo termine dell’organismo.

Eleganti esperimenti di parabiosi, che associavano un topo normale ad uno mutante portatore di una mutazione omozigotica recessiva del gene obesity (ob) responsabile di obesità ed ipotermia, avevano dimostrato che i mutanti mancavano di un segnale circolante proveniente dai depositi di grasso in grado di controllare a feedback l’assunzione di cibo e a feed-forward il dispendio energetico. Altri esperimenti avevano dimostrato che i topi con una mutazione omozigote per il gene diabetes (db), invece di mancare del segnale, mancavano di un recettore. Circa 25 anni dopo i primi esperimenti di parabiosi, Jeffrey Friedman e colleghi identificarono il segnale in un peptide circolante che fu chiamato leptina (dal greco leptos = snello, sottile, magro). La leptina è trasportata attraverso la barriera emato-encefalica ed agisce nel cervello e alla periferia su recettori che sono membri della superfamiglia dei recettori ad elica.

La leptina circolante e l’insulina interagiscono con i loro recettori situati sulla membrana di due popolazioni di neuroni del nucleo arcuato dell’ipotalamo mediale. Queste due popolazioni neuroniche rispondono in maniera opposta a leptina e insulina: una rilascia due segnali anabolici, ossia il peptide Y (NPY) e l’AGRP (agouti-related peptide)[6], l’altra rilascia due segnali catabolici, ossia α-MSH e CART. Fasci di proiezione diretti dal nucleo arcuato dell’ipotalamo alle regioni paraventricolare e laterale dell’ipotalamo, da oltre mezzo secolo note per il loro controllo sulla funzione alimentare, riverberano gli effetti della segnalazione di leptina e insulina circolante.

Anche se queste componenti ipotalamiche sono le più note e studiate per la comprensione della fisiologia del rapporto tra funzione alimentare e metabolismo, il circuito neurale responsabile dell’equilibrio energetico è più esteso e distribuito nell’encefalo. In particolare, importanti componenti sono nel complesso vagale dorsale sito nella porzione caudale del tronco encefalico”[7].

Ritorniamo, ora, allo studio di Shin Lee e colleghi.

I ricercatori hanno dimostrato che il peptide CART (cocaine- and amphetamine-regulated transcript) nei neuroni afferenti vagali (VAN, da vagal afferent neurons) è una molecola sintetizzata in quantità strettamente proporzionali a quelle del cibo consumato, in ratti a dieta standard.

La terminazione centrale degli afferenti vagali è costituita dal nucleo del tratto solitario (NTS), sicché è stata sperimentata l’iniezione del peptide CART nelle cellule nervose di questo nucleo per verificarne gli effetti sull’alimentazione. L’iniezione di CART riduceva la quantità di cibo assunta dai ratti. È stato allora sperimentato il blocco dell’azione esercitata dal peptide CART endogeno nei neuroni di NTS: tale difetto di azione determinava un significativo incremento del cibo assunto da parte dei ratti. Questo effetto iperfagico richiedeva l’integrità dei neuroni VAN.

Shin J. Lee e colleghi hanno poi sperimentato il knockdown di Cartpt mediato da virus, rilevando che determina un aumento del peso e della quantità di cibo assunto quotidianamente, sia per una maggiore dimensione del pasto sia per una frequenza di ingestione più rapida.

In ratti obesi per una dieta ad elevato tasso di grassi e di glicidi, la sintesi del peptide CART indotta dai pasti era indebolita e gli anticorpi anti-CART non riuscivano ad accrescere l’assunzione di alimenti. L’iniezione di CART nei neuroni di NTS conservava il suo effetto anoressigeno anche nei ratti obesi.

L’insieme dei risultati emersi da questo lavoro, per il cui dettaglio si rinvia al testo integrale del lavoro originale, suggerisce una nuova strategia nel trattamento dell’obesità: ristabilire la segnalazione VAN CART deficitaria.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di studi di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-15 febbraio 2020

www.brainmindlife.org

 

 

 

________________________________________________________________________________

 

La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Thaler J. P., et al. Obesity is associated with hypothalamic injury in rodents and humans. J Clin Invest. 122 (1): 153-162, 2012. Segni di infiammazione ipotalamica da 1 a 3 giorni dopo l’istituzione della dieta ad alto contenuto di grassi. In questo studio era già stata evidenziata, mediante risonanza magnetica nucleare, gliosi nell’ipotalamo medio-basale di persone obese.

[2] Come è noto la gliosi reattiva è una risposta del sistema nervoso centrale - in questo caso una risposta cerebrale - ad un fattore o ad un’azione nociva. Naturalmente è rilevante l’interessamento dell’ipotalamo, in quanto è la regione cerebrale più importante nel controllo del peso corporeo, del metabolismo, della sete, della fame, ecc.

[3] Dorfman M. D. & Thaler J. P., Hypothalamic inflammation and gliosis in obesity. Curr Opin Endocrinol Diabetes Obes. 22 (5): 325-330, 2015.

[4] Dorfman M. D. & Thaler J. P., art. cit.

[5] Douglass J. D., et al., Astrocyte IKKβ/NF-KB signaling is required for diet-induced obesity and hypothalamic inflammation. Mol Metab. 6 (4): 366-373, 2017.

[6] Questa molecola è un antagonista endogeno dei recettori della melanocortina MC3 ed MC4; l’agonista endogeno è l’α-MSH, che viene rilasciato dagli ormoni del nucleo arcuato quando l’organismo è in stato catabolico.

[7] Note e Notizie 10-06-17 Perché gli obesi hanno infiammazione ipotalamica.